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LA STORIA DIMENTICATA DELLE DONNE ITALIANE CHE LOTTARONO PER IL DIRITTO AL VOTO

10/2/2019

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Anche in Italia le donne hanno lottato per il diritto al voto – e per molto altro – tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, ma questa fase raramente viene identificata con il termine femminismo. Come ha osservato Perry Wilson, docente ed esperta di storia di genere, vengono infatti usate altre espressioni come “emancipazionismo” o “movimento delle donne”. Eppure, le donne Italiane di allora si definivano esplicitamente “femministe” e sembra strano negargli ora una definizione che loro stesse si davano. Wilson spiega che, tra i motivi per cui il suffragismo italiano è stato accantonato come qualcosa di altro rispetto al femminismo, ci sono l’avvento del regime fascista che ha contribuito a cancellarne la memoria storica e, successivamente, un rifiuto da parte delle esponenti della seconda ondata di assimilarsi a quelle signore borghesi che, pur lottando per i diritti delle donne, erano assai diverse dalle nuove femministe. Le cose, però, stanno gradualmente cambiando e le ricostruzioni storiche di oggi vanno a ricollocare questa prima fase di lotte all’interno del movimento femminista.
Per poter capire meglio il primo femminismo italiano bisogna, per prima cosa, analizzarne il contesto. L’Italia raggiunge tardi, rispetto ad altre nazioni, la sua Unità, nel 1861, ed è proprio con il Risorgimento che le donne iniziano a rivendicare i loro diritti di patriote. Dopo aver sostenuto l’unificazione, chiedono al neonato Stato italiano, infatti, di venire considerate come cittadine a tutti gli effetti o, almeno, di includere nella nuova legislazione i diritti che alcuni stati pre-unitari avevano già concesso. Nel territorio Lombardo-Veneto e in Toscana, ad esempio, era previsto che alcune categorie di donne votassero a livello locale, ovvero avessero il cosiddetto diritto di voto amministrativo. Tuttavia, come osserva Liviana Gazzetta in Orizzonti nuovi. Storia del primo femminismo in Italia nonostante le petizioni e le delegazioni di donne influenti, il nuovo Codice Civile delude profondamente le aspettative: le donne rimangono prive di diritto di voto politico e amministrativo e restano sempre sottoposte all’autorità maritale che impedisce loro la gestione autonoma del patrimonio.

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